Se porti i bambini al museo comunicalo bene
Perché portare i bambini al museo? Vi siete fatti questa domanda? Portare un bambino a una mostra o in un museo può risultare fallimentare se proposto solo come un passaggio di superficiale osservazione, ma può essere l’apertura su nuovi mondi e la possibilità di nuovi sguardi se proposto e comunicato nel modo giusto.
Le parole per dirlo
Nella libreria di mia mamma c’era un libro il cui titolo mi piaceva molto: “Le parole per dirlo”. All’epoca non avevo idea di quale fosse la trama di quelle pagine, ma il titolo mi intrigava, era la risposta ad una mia necessità. Le parole erano già la mia passione, i libri i miei compagni di vita e il dizionario, sfogliato in continuazione alla ricerca di verbi corretti e di vocaboli insoliti, una fonte costante di ispirazione. La ricerca delle “parole per dirlo” mi affascinava, soprattutto perché non riuscivo a spiegarmi come mai gli adulti avessero modi di esprimersi così difficili da accettare a volte per me. Quando devo ragionare, ora da adulta, sulla comunicazione migliore per far comprender l’importanza di portare i bambini al museo ripenso a questi miei pensieri di bambina.
Perché le frasi iniziavano spesso con un “non”? Perché negare e vietare, invece di affermare e permettere? Perché il verbo “dovere” aveva la meglio su “potere”? Perché preferivano a un chiaro “sì” l’arzigogolato “dopo vediamo” che sicuramente si sarebbe trasformato fattivamente in un “no”?
Se uscivo dal perimetro del mio mondo privato, fatto di casa, scuola, oratorio e sport, le cose non cambiavano molto. Certo, i miei genitori mi avevano spiegato che le regole servono a garantire la convivenza fra le persone, che se tutti facessero quello che vogliono ci sarebbe solo una gran confusione, che la lex sta alla base del mondo civile. Tutti concetti giusti e nobili, ma per me bambina non erano altro che ostacoli e imprevisti sul mio cammino alla scoperta del mondo. Sia chiaro, non aspiravo di certo all’anarchia, ma almeno mi sarebbe piaciuto che gli stessi concetti mi venissero trasmessi in modo diverso, con le parole giuste, appunto.
Il linguaggio della scrittura per l’infanzia
Quando ho cominciato a dedicarmi alla scrittura per l’infanzia il desiderio di trovare il linguaggio corretto, il tono adatto e la “musica” che deve sempre accompagnare il discorso mi hanno fatto da “faro”.
Il mio io-bambina continuava a reclamare l’esigenza della possibilità che ogni esperienza deve portare con sé e a mal sopportare veti e imposizioni, sempre presenti anche e soprattutto quando si parla di arte. Se l’incontro con le grandi opere viene offerto solo come un tassello in più da aggiungere alla lista delle cose che rendono un bambino perfetto, a mio parere non ha senso, rimane sterile. Ma se la visione di un’opera genera un vero e proprio incontro con l’artista e il suo lavoro e se fa nascere il desiderio di condividere una passione, allora, sempre a mio avviso, tutto si riempie di valore e di vita.
Il decalogo di Artkids
È per questo che qualche anno fa, dopo aver ascoltato molti bambini, dopo averli osservati nelle stanze museali e durante le esposizioni d’arte, abbiamo elaborato il Decalogo di Artkids. Partendo da ciò che non si può fare (ahimè, i limiti esistono sempre), abbiamo cercato di orientare i piccoli visitatori verso nuove possibilità, abbiamo fornito loro una chiave di lettura, anzi, forse proprio “la chiave” per vivere quei momenti in modo diverso.
Dieci suggerimenti che hanno dato ascolto ai miei pensieri e desideri infantili e che hanno tenuto conto del “come dire” per essere ascoltati e accolti.
- Non posso toccare le opere esposte ma posso immergermi con lo sguardo al loro interno.
- Non posso avvicinarmi troppo ma posso allontanarmi quanto voglio se non mi piacciono.
- Non posso disegnare sui quadri ma li posso copiare come e quanto voglio sul mio quaderno.
- Non posso usare i pennelli ma posso fare finta che le mie matite colorate lo siano.
- Non posso portarmi a casa quadri e sculture ma posso farmi ispirare per crearne di altrettanto belle.
- Non posso fare le fotografie ma posso imprimere nella mia testa le immagini e filmarle con la mia fantasia.
- Non posso correre ma posso far volare la mia immaginazione.
- Non posso fare i capricci perché mi annoio ma posso fare tutte le critiche che voglio e spiegare cosa non mi piace e perché.
- Non posso urlare ma posso fare un sacco di domande a chi mi accompagna e a chi lavora al museo.
- Non posso bere e mangiare ma posso saziarmi della bellezza delle opere.
Photo by Monika Kozub on Unsplash