“Dunque, da principio sorride.
È un sorriso discreto, quasi impercettibile, di quelli che talora si formano sul viso senza che lo si decida, che appaiono senza che lo si voglia, e non sembrano legati a niente di particolare, e non è detto che si possano spiegare.
Ecco: è un sorriso da niente, che potrebbe essere spia della felicità.”
Ho visto E le altre sere verrai? qualche mese fa, sullo scaffale di una libreria e sono stata catturata dalla copertina dell’edizione Guanda che riporta un particolare di Nighthawks famoso quadro di Edward Hopper, pittore che io amo profondamente. Non ho saputo resistere e l’ho acquistato. Ho cominciato a leggerlo e non ho più potuto smettere: l’ho finito. Quello che si dice leggere tutto d’un fiato, rapita dalla storia che – è il caso di dire – inizia proprio dalla copertina.
L’autore, Philippe Besson, fa quello che anche io amo fare di fronte a una foto, specie se d’epoca, magari in bianco e nero, o davanti a un quadro di un pittore che amo o che cattura la mia attenzione. L’immagine diventa un pretesto attorno al quale costruire un racconto, e alla rappresentazione di quell’attimo viene concessa la possibilità di avere un prima e un dopo.
Besson guarda e ascolta il racconto di Hopper; immagina che la donna con l’abito rosso si chiami Louise e che i due uomini, ritratti insieme a lei, facciano parte della sua vita. Attorno a loro crea una fitta trama di sentimenti, paure, debolezze, affetti, ma anche ingiustizie, sofferenze e solitudini. Louise è una donna innamorata di quell’amore totalizzante per il quale ha sofferto e soffre ancora molto. È passionale e ha provato sulla propria pelle cosa significa amare un uomo che non ti ama allo stesso modo, che non ti ama abbastanza, che ti lascia o che, in modo ancora più straziante, “non ti sceglie mai”.
È proprio in questo scenario che acquistano un senso profondo le descrizioni dell’amore fatto di attesa, speranza e ingenuità, attraversate da un filo sottilissimo, quasi impercettibile, di raziocinio, che risulta comunque troppo debole per imporsi e interrompere lo struggimento.
Dall’altra parte del bancone Ben, il barman, che ascolta con profonda amicizia. Un uomo forse segretamente innamorato della donna col vestito rosso, ma prima di tutto un amico che la conosce, la scruta, soffre delle sue sofferenze e gioisce delle sue gioie.
L’altro uomo, quello accanto a Louise è Stephen, l’ex della donna che, dopo anni di silenzi e assenze tanto dolorose quanto inspiegabili, all’improvviso, varca la soglia del bar al posto dell’atteso Norman che, forse, non arriverà più.
«Non so a che ora verrà Norman. Lo aspetto sa?»
«Non vi siete dati appuntamento a un’ora precisa?»
«No, ha detto soltanto che sarebbe passato non appena finiva ciò che aveva da fare»
Un vero ritorno? La speranza di una fiamma che forse potrebbe riaccendersi? L’ennesima delusione o la possibilità di un lieto fine? Qualsiasi sia l’evolversi di questo quadro, Besson propone il suo romanzo, con una intelligenza e una profondità di rara eleganza. Le parole, ma soprattutto i silenzi, animano le pennellate del quadro, facendo emergere una storia che sembra esistere da sempre.
È un racconto di stati d’animo, di sensazioni, di pensieri; i dolori e le separazioni descritte non sono fine a se stesse, ma si innestano in una scena la cui bellezza parla da sola, attraverso gli occhi e il cuore dell’autore la cui percezione soggettiva lascia comunque ampio spazio a quella di chiunque legga questo libro e abbia voglia di lasciarsene coinvolgere.