Fantascienza, donne e patriarcato
No, non è mia intenzione scrivere un articolo che sfori nella critica sociale.
Vorrei solo analizzare il progressivo evolversi del ruolo delle donne nella fantascienza per dimostrare come questo genere possa davvero essere considerato un autentico specchio dei propri tempi.
Per farlo, vi propongo un viaggio nella letteratura e nel cinema fantascientifico: perché nulla come la comunicazione è in grado di cambiare il modo in cui percepiamo noi stessi e il mondo.
Anni ’40 e la “bella pulzella in difficoltà”
Torniamo nel 1940.
Le locandine fuori dal cinema ritraggono giovani ragazze mezze svestite, tenute in ostaggio da mega mostri o malvagi signori del male. L’immagine della “bella pulzella in difficoltà” attira gli spettatori e il contenuto presenta dinamiche coerenti con la pubblicità.
La donna è il premio finale: l’eroe di turno attraversa mille difficoltà per salvare l’ingenua dama. Il loro sarà amore a prima vista.
E così, per molti anni, l’interesse verso il genere sci-fi viene relegato prevalentemente a un pubblico maschile.
Anni ’60 e ’70: la fantascienza fa intravedere una parità tra i ruoli
Tra gli anni ’60 e ’70, però, qualcosa cambia.
Le donne della fantascienza subiscono un vero e proprio processo di revisione: archetipi, limitazioni vengono demoliti e poi riformulati attraverso le molteplici possibilità dell’immaginario utopico.
Il primo, significativo caso che voglio citare è quello del Tenente Nyota Uhura.
Tutti la ricordiamo per le sue frasi iconiche in cui annuncia l’arrivo di una comunicazione e purtroppo poco altro.
Nella serie classica di Star Trek, infatti, il ruolo delle donne è limitato a parti marginali, senza un reale potere decisionale sulle trame. Anche le aliene che vengono salvate dal Capitano Kirk, molto spesso, cedono al suo irresistibile fascino.
Eppure il Tenente Uhura è una figura fondamentale dal punto di vista sociale.
Prima donna ad aver mostrato l’ombelico in una serie tv, la prima a essere coinvolta in un bacio interrazziale (ovviamente con Kirk).
Ma è anche la prima con un ruolo militare paritario rispetto ai colleghi uomini. Ed è nera.
Una scelta significativa per un momento storico molto delicato.
Star Trek debuttò in America nel 1966, nel pieno delle lotte razziali capeggiate da Martin Luther King e quando Nichelle Nichols manifestò la sua volontà di abbandonare la serie – perché frustrata da un ruolo così insignificante – il reverendo la invitò invece a continuare riconoscendole un ruolo di fondamentale importanza.
Così come quello – più recente – del Capitano Kathryn Janeway, Deanna Troi o 7di9.
Doctor Who e compagne
Devo poi aprire una parentesi sul lungo ciclo del Doctor Who e le sue famose compagne.
Il primo episodio della serie venne trasmesso ancora prima di Star Trek, nel 1963, durante i movimenti femministi del Novecento.
Barbara Wright accompagna il Dottore per la galassia aiutandolo a ragionare nei momenti di difficoltà e contenendo i suoi scatti d’ira. O, ancora, la giornalista investigativa Sarah Jane Smith. Precorritrici della moderna, Rose Tyler (o Bad Wolf), Martha Jones, Donna Noble, Amy Pond, River Song, Clara Oswald e Bill Potts che esortano il Dottore a dare sempre il meglio di sé.
Ma anche importanti cambiamenti di sesso nei ruoli principali che vedono il Maestro (storica nemesi del Doctor Who) e il Dottore stesso interpretati rispettivamente da Michelle Gomez e Jodie Whittaker.
Fine anni ’70: la fantascienza indaga tematiche sociali e psicologiche
E siamo alla fine degli anni ’70 quando il fenomeno Star Wars lancia una delle figure più iconiche del periodo.
La Principessa Leia sa badare a se stessa e agisce senza timore. Inoltre, la relazione con Han Solo, non mette mai in ombra la sua indipendenza.
Ma c’è stato un momento in cui la figura della donna – nel cinema – ha assunto un significato completamente differente. Il 1979 è l’anno di Alien e della sua protagonista: Ellen Ripley. Un personaggio determinato, coraggioso ma che non teme di mostrare le proprie paure.
Ridley Scott pensò di sorprendere il pubblico scegliendo una donna bella, in grado di sopravvivere alle avversità solo grazie alla sua forza e intelligenza. Esperimento che riuscì alla perfezione.
Nella letteratura inizia la produzione narrativa di Ursula K. Le Guin: scrittrice statunitense, vincitrice di cinque premi Hugo e sei premi Nebula.
Le Guin esplora tematiche sociologiche e psicologiche spaziando dal femminismo al pacifismo: una scelta che ampliò un pubblico ancora relegato a una nicchia di appassionati.
Nei suoi romanzi ritroviamo spesso culture aliene – umane ma non terrestri – utilizzate come pretesto per esaminare le differenti dinamiche sociali.
Anni ’80: l’identità femminile è ridefinita
Con l’avvento del cyberpunk la fisicità del corpo subisce un radicale cambiamento: la mente è libera di viaggiare nel cyberspazio, oltre la materia e i confini della realtà.
Negli anni ‘80 mutazioni, impianti, tecnologia e spazi virtuali ridefiniscono l’identità femminile, ormai libera e indipendente.
È il momento di Rachael e Pris, le replicanti di Blade Runner. Due caratteri molto differenti: spigolose, talvolta incomprensibili, che spingono lo spettatore a riflettere sulla loro essenza artificiale e le sfaccettature d’umanità racchiuse nei loro personaggi.
O ancora Aunty Entity di Mad Max – Oltre la sfera del tuono.
L’interpretazione di Tina Turner mostra una donna forte, intelligente e carismatica. Governatrice di Bartertown, antagonista non convenzionale in un mondo spietato e violento.
Nel frattempo Margaret Atwood sviluppa il suo immaginario.
Poetessa, scrittrice fantascientifica e ambientalista canadese.
“Il racconto dell’ancella” è il romanzo che mostra, attraverso una narrazione in prima persona, la forza delle donne in una società distopica e crudele.
Il lettore rimane così coinvolto dagli accadimenti, vivendo ogni sensazione e pensiero sulla propria pelle.
Anni ’90: eroine volitive e intraprendenti
Negli anni ‘90 – i miei anni – la donna sci-fi sa quello che vuole e lotta per dar spazio alla sua voce.
Potrei citare molte delle mie personali “eroine”: a fatica, ne ho scelte due in particolare.
Sarah Connor è di fondamentale importanza per il ciclo di Terminator. Non è solo la madre di John Connor – personaggio fulcro della ribellione contro le macchine – ma è una donna che attraversa un arco narrativo che la vede crescere e maturare in modo esponenziale.
Sarah è chiamata a portare sulle spalle il peso della conoscenza di un futuro apocalittico e lei accetta il ruolo: consapevole e inarrestabile.
Gli amanti degli UFO, invece, ricorderanno sicuramente Duna Scully, il medico patologo e agente speciale di X-Files.
Il personaggio interpretato da Gillian Anderson non è solo la spalla di Fox Mulder.
È una donna che mantiene sempre la propria indipendenza di giudizio, fermamente convinta che dietro a ogni evento esista una spiegazione logica e dimostrabile.
In Italia, il mercato della fantascienza anni ‘90 è ancora piuttosto aspro.
La catena Urania privilegia autori stranieri – nonostante grandi talenti nostrani – eppure proprio Urania assegna il suo prestigioso premio a Nicoletta Vallorani, scrittrice di testi neri e thriller.
La sua storia, “Il cuore finto di DR” è ambientata in una Milano cyberpunk, con atmosfere che ricordano quelle di William Gibson.
Anni 2000: la fantascienza propone donne protagoniste e combattenti
E siamo alla fine del viaggio.
Gli anni 2000 consacrano Kara Thrace “Scorpion” nel remake della serie cult Battlestar Galactica.
L’universo in cui sono ambientate le vicende vede l’umanità perennemente in guerra, alla ricerca di una terra in cui la società possa trovare rifugio e prosperare.
Nello spazio servono piloti esperti, abili in manovre pericolose e la migliore è Kara. Un ruolo che, nella serie anni ’70, era stato affidato a un uomo.
L’ultima grande protagonista di questa lista cinematografica è l’Imperatrice Furiosa di Mad Max: Fury Road.
George Miller ha sempre portato forte innovazione nelle sue opere e questo caso non è da meno.
Furiosa inganna il capo della Cittadella, Immortan Joe, liberando le sue mogli-schiave dalla prigionia e da un destino che le vede relegate a “donne da riproduzione”.
Una sopravvissuta con un obiettivo ben preciso: combattere fino allo stremo pur di ottenere giustizia e libertà. Il tutto mentre guida una blindocisterna lunga 24 metri.
Per quanto riguarda la letteratura anni 2000 vorrei citare la giovanissima C.A. Higgins che si approccia alla fantascienza partendo da alcune considerazioni maturate durante una lezione universitaria di fisica sulle leggi della termodinamica.
Dal concetto di entropia evolve il suo romanzo “Lightless”, primo volume della space opera ambientata sull’astronave “Ananke”.
Le donne nella fantascienza come specchio della società
L’integrazione della donna nelle opere sci-fi (e delle autrici che si fanno largo in questo mondo) è lo specchio della società.
La fantascienza si proietta verso il futuro ma vive timori e problematiche del presente tra cui quella della parità tra generi.
Le donne citate nell’articolo e molte altre che, per questioni di spazio non ho potuto ricordare, non sono super eroine o migliori di un’eventuale controparte maschile.
Si tratta di personaggi umani, non privi di difetti, che non vogliono rappresentare nulla se non la propria storia.
Foto di Stefan Keller da Pixabay