Chi decide in quale scaffale della libreria vada collocato il libro che scriviamo e a che tipo di lettori sia destinato?
Il buon senso suggerisce: lo scrittore.
È lo scrittore che quando si cimenta nella stesura di un libro, in base al contenuto e allo stile che adotta, ne decreta il genere narrativo e il target.
Ma non è detto.
Ci sono classificazioni oggettive e classificazioni arbitrarie.
Tra le oggettive ci sono i generi letterari che hanno canoni e finalità precise: un saggio è diverso dal racconto, il manuale dal romanzo, la prosa dalla poesia. Questo ordinamento è funzionale e, come una bussola, serve a farci trovare subito il settore entro il quale cercare il titolo o il tipo di libri che ci interessa.
È oggettivo anche il fatto che un albo illustrato sia destinato all’infanzia e un romanzo di Tolstoj ad un lettore maturo.
Ma la maturità non è questione anagrafica e i confini tra età spesso assai labili.
Scrivere sulla quarta di copertina “da 6 a 9 anni” otterrà certo lo scopo di orientare i lettori, o meglio, i genitori di coloro a cui quelle letture sono destinate, suggerite o imposte, ma si può dire che sia sempre un buon consiglio?
Un bambino o bambina di 10 anni, ma anche un adulto che pensi di regalare un libro a un bambino di quell’età, che si ritrovino in mano un testo consigliato a lettori tra i 6 e i 9 anni lo riporranno sullo scaffale ritenendolo inadatto perché “fuori età”.
Il fattore psicologico gioca un ruolo importante: se sono troppo grande per leggere ancora certi libri farò fatica a farmi vedere con quei libri in mano. Anche se mi piacerebbe (e mi farebbe bene) leggerli.
Se poi sono un anticonformista e li leggo lo stesso, ci penseranno gli altri – compagni, insegnanti, genitori – a domandarmi: Ma leggi ancora quei libri lì alla tua età?, il che affosserà il mio anticonformismo e, nel peggiore dei casi, la mia voglia di leggere in generale.
A volte le classificazioni sono gabbie dentro le quali i libri stanno stretti e che rischiano di impedire loro di arrivare nelle mani di lettori che potrebbero apprezzarli.
Succede quando la classificazione diventa classifica e il giudizio di genere giudizio di merito. Allora i libri fantasy risulteranno leggeri, la fantascienza disimpegnata, i gialli letture minori ed Harry Potter un libro per bambini.
Letteratura di serie A e di serie B, di svago e di formazione, impegnata e non.
Personalmente come lettrice sono onnivora e il fattore che mi fa dire di un libro se mi sia piaciuto davvero, per niente o solo un po’, al di là dell’intreccio e della nitidezza dei personaggi, è la sua cifra stilistica, il modo in cui è stato scritto. E mi riferisco proprio alla bellezza dei costrutti, all’originalità nelle scelte verbali, alla pulizia delle frasi.
Benedico la diversità del panorama letterario e la possibilità di alternare le letture in base al mio stato d’animo o semplice gusto. Nutro un’ammirazione sconfinata per I promessi sposi ma davvero non potrei leggere soltanto testi di Alessandro Manzoni, ho bisogno anche di Roald Dahl.
Quando scrivo combatto ogni giorno l’ansia di tenere sempre presente chi sia il mio lettore di riferimento. Rischia di condizionarmi fino alla paralisi.
Certo se ho intenzione di dare vita ad un racconto per bambini userò argomenti e un registro linguistico conformi, ma nel momento in cui ho voglia di raccontare una storia che credo possa risultare piacevole per tutti, allora mi sforzo di parlare a tutti e di ricercare la bellezza espressiva, quella che motiva il gesto dello scrittore e riempie di senso il tempo dedicato alla lettura.