Il coronavirus: non esistono più confini
In questi giorni in cui l’allarme coronavirus sta dimostrando quanto ridicole siano le idee di confine, diversità etnica e di distanza e di come siano patetiche le convinzioni di coloro che pensano di arginare i problemi erigendo muri fisici fra le persone, il mio pensiero va alla letteratura e al suo modo di interpretare la realtà così diverso dalla scienza.
Romanzi premonitori
Quanti riferimenti a romanzi, anche molto datati, sono emersi spontanei nei dibattiti televisivi, sui social e negli articoli di parecchie persone più o meno famose. Uno dei più ricorrenti è stato quello a Cecità di José Saramago, anno di pubblicazione 1995, che delinea con lucidità imbarazzante uno scenario di delirio collettivo a seguito di un contagio generalizzato.
Ma non solo: ci si è ricordati anche de La peste di Camus e di quella magistralmente descritta dal Manzoni nei suoi Promessi sposi.
Io, da parte mia, ho pensato con insistenza anche ad un altro romanzo di Franz Schätzing intitolato Il quinto giorno, meno famoso dei precedenti e forse anche meno direttamente associabile all’evento in corso, ma che invita a rivedere il rapporto uomo/Natura e, in senso lato, quello tra uomo e resto del Pianeta.
Racconta di come una serie di eventi eccezionali e all’apparenza inspiegabili si verifichino contestualmente in varie parti del mondo, generando un’emergenza planetaria di proporzioni colossali. Gli esperti chiamati a dare risposte dovranno presto ammettere che è la Natura e, in modo particolare, la vita che popola le acque degli abissi a reagire alle vessazioni subite da secoli da parte dell’arroganza e del delirio di onnipotenza umani. Per sopravvivere sarà necessario rivedere l’idea stessa di uomo e del suo posto fra gli esseri viventi tutti, vegetali inclusi.
Finzioni letterarie, senza dubbio, ma che spesso ci sconvolgono per la loro portata profetica.
La letteratura offre un modo diverso di guardare la realtà
Che cosa ci insegna tutto questo?
Che la letteratura è espressione altissima del pensiero umano, che offre un modo diverso di guardare la realtà, delinea scenari, intuisce conseguenze, prefigura dinamiche, attraverso la lente d’ingrandimento dell’invenzione e delle storie.
In questi giorni sto leggendo tanto e tante cose diverse; o forse sto leggendo in modo diverso le tante cose di sempre. Non so. Sta di fatto che sono incappata in una frase di Eugenio Barba, uno dei più grandi registi italiani del teatro contemporaneo, che dice così: “la scienza è in grado di dare un nome alle scoperte dell’arte”.
L’ho trovata magnifica e molto vera.
Non c’è nessuna manifestazione del pensiero o dell’animo umano che, da sola, possa salvare il mondo. C’è bisogno dell’interazione di tutte le facoltà.
La situazione attuale ci sta regalando una possibilità
Scienza, letteratura, fisica, arte, matematica, musica, medicina, filosofia, ragione, sentimento, spiritualità: noi siamo tutto questo. Quando ci illudiamo che una sola delle nostre attitudini possa bastare alla nostra vita, ecco che la vita si sfasa e ci ricorda, a volte in maniera brusca e dolorosa, che non è così.
La situazione attuale di difficoltà e paralisi collettive ci sta regalando una possibilità: quella di ricordarci, anche quando l’emergenza sarà finita, che nessuno basta a se stesso e che le decisioni vanno prese con il concorso di tutte quante le facoltà che ci contraddistinguono in quanto esseri umani senzienti e non soltanto raziocinanti.
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