La scrittura: esigenza irrefrenabile
Vivo la scrittura come un’esigenza. A tal riguardo mi viene in mente la pubblicità di un famoso panettone in cui compariva Renato Pozzetto ad affermare “Il Natale quando arriva, arriva!”.
Ecco, lì si faceva riferimento alla festività natalizia, io lo tramuto in “La scrittura quando arriva, arriva!”.
Io la vivo in questo modo: le parole mi compaiono all’improvviso e danno un senso a trame, volti di personaggi e caratteristiche degli stessi.
E non sempre mi trovo seduta comoda con le gambe sotto la scrivania. Anzi, molte volte non è proprio così.
La scrittura durante la notte
Quando di notte mi compaiano frasi che non voglio dimenticare, mi alzo dal letto alla ricerca di carta e penna. Capita spesso di recente di essere stanca e l’idea di uscire fuori dal calduccio delle coperte non mi aggrada. Allora cerco il cellulare sul comodino e uso le note per fissare i pensieri da ritrovare la mattina.
Certe storie riesco a scriverle meglio di notte. Anche gli elementi fantastici da inserire nei racconti mi compaiono quasi tutti nelle ore notturne. Non so spiegarmi il motivo, ma penso sia legato al silenzio che durante il giorno non riesco quasi mai a trovare. La calma dell’oscurità illumina le idee e mi permette di essere più lucida. O forse è colpa della tiroide che, non funzionando come si deve, mi fa dormire poco. Ma il mio estro creativo la ringrazia perché sfrutta nel migliore dei modi i momenti di buio e di tranquillità.
La scrittura al parco giochi
Un giorno ero al parco giochi con mio figlio, rilassata su una panchina, osservavo un bambino che andava sull’altalena spinto dal papà. Ad un certo punto il bimbo ha iniziato a dire una serie di parolacce una dopo l’altra così, all’improvviso e senza alcun motivo. Aveva davvero un repertorio ricchissimo. Il papà rideva di fronte al turpiloquio del figlioletto e non l’ha né corretto, né sgridato. La madre, comodamente seduta di fianco a me, non ha alzato lo sguardo dal suo cellulare se non per dire “Giacomo è ora di andare!”. Il piccolo è sceso dall’altalena ripetendo le stesse parolacce, come fossero una cantilena. I genitori, in coro, si sono rivolti a lui con il linguaggio maleducato usato dal bambino.
“Ecco da chi ha preso Giacomo!” ho pensato guardandoli andar via.
Anche in questa occasione mi è venuta un’incredibile voglia di scrivere e ho preso il mio taccuino per annotare la frase “Dietro il comportamento sbagliato di un bambino c’è sempre un esempio non corretto o la mancanza di un insegnamento da parte di un adulto”, pensiero che mi è stato di aiuto per l’analisi iniziale del mio progetto letterario per i piccoli.
Da quell’episodio al parco è nato il libro Giacomo, detto “Jack la parolaccia” (il nome l’ho mantenuto, così potrò nel tempo ricordare da chi è stato ispirato).
La scrittura dal gioielliere
Mi trovavo in una gioielleria del mio paese ad acquistare un regalo per un’amica. Mentre sceglievo il bracciale da donare avevo chiesto alla signora del negozio notizie sul suo cane. Di solito accoglieva all’ingresso i clienti, ma quel giorno non era presente. Con gli occhi lucidi mi aveva comunicato che purtroppo era mancato. Quella mia domanda le avevo dato modo di parlare di Olly, l’elegante Golden Retriever con l’orologio biologico incorporato, pronta sull’uscio tutti i sabati mattina a mezzogiorno, per accompagnare la padrona a comprare il pollo al mercato. La signora, presa dalla voglia di ricordare, mi aveva parlato anche di Ciurchi, il suo barboncino super intelligente che non amava mettere il guinzaglio. Capitava spesso di trovarlo sul bancone della gioielleria, intento a farsi accarezzare dai clienti durante la scelta dei monili da acquistare.
In quell’occasione un’altra commessa si era unita alla nostra conversazione sui cani raccontandomi di Palù, il suo San Bernardo che sapeva intonare La Viuletta in piemontese.
Loro parlavano e io scrivevo sul mio taccuino nomi, caratteristiche e avventure, promettendo alle due care signore che avrei fatto rivivere i tre amati cani in un libro per bambini, per renderli immortali.
Quel giorno ci ho impiegato un po’ più di tempo a scegliere il regalo, ma avevo tra le mani le vite vissute da tre splendidi animali che valevano molto di più di un braccialetto. E come promesso sono finiti in “Anouar è nero”.
La scrittura durante un giro in bicicletta
E cosa c’è di meglio, per ambientare una storia, di un meraviglioso panorama o della riproduzione in piccolo di una Basilica?
Stavo pedalando su e giù per le colline dietro casa. Più pedalo, più penso, più penso e più pedalo. Muovermi in bicicletta mi fa questo effetto.
Quel giorno avevo deciso di ripercorrere i sentieri dove trascorrevo i pomeriggi di svago, in compagnia del mio amico Guido. La meta che mi ero prefissata era “Superghetta”: una riproduzione in miniatura della Basilica di Superga che si trova nelle campagne vicino a Chieri. Mi rivedevo bambina, sdraiata sul prato a trasformare i fiori di papavero in meravigliose ballerine con il vestito rosso. Ma mentre faticavo sulla salita avevo in mente l’avventura che stavo scrivendo su “Rino Cazzottino”. Volevo che i piccoli lettori potessero trovare nelle pagine da leggere un luogo magico da cercare. E così, ho trasformato il mio posto del cuore nel punto preciso dove trovare l’albero dei rimedi: l’elemento fantastico grazie al quale “Rino Cazzottino” troverà la soluzione per alleviare il “prurito cazzottoso”.
Arrivata a Superghetta sono scesa dalla bici e ho iniziato a scrivere sul cellulare tutte le emozioni che mi suscitava quel luogo. Poi ho contato i passi per raggiungere l’albero che avevo trasformato in elemento fantastico nel mio racconto. ‘Grazie alle indicazioni scritte sul libro i bambini che leggeranno la storia lo potranno riconoscere’ era la riflessione che facevo quando annotavo i numeri sulle note del telefono.
Il rilievo preciso, con l’ampiezza di gamba di un bambino, l’ho fatto poi con il disegnatore del testo, Pietro Orta, portandolo in quel punto e facendogli osservare il paesaggio da riprodurre nel disegno.
Non mi aspettavo, però, che proprio quei dettagli per raggiungere quel prato, portassero così tanti bambini a cercarlo, tanto da costringere il proprietario del campo a recintarlo.
Oggi l’albero dei rimedi si può vedere da lontano e non è più possibile correre ad abbracciarlo, come faceva Rino nel racconto. Il mio ricordo di quando l’ho individuato rimarrà, grazie alla scrittura, per sempre.
La scrittura in ufficio
In ufficio mi succedeva spesso che personaggi fantastici si presentassero nella mia mente e mi suggerissero le trame delle loro avventure. Sono una consulente del lavoro da ormai 25 anni e la scrittura nel mio mestiere non la posso usare in modo fantasioso, ma per redigere documenti tecnici come lettere di assunzione, richiami, licenziamenti, oppure circolari informative per i clienti sulle novità legislative o risposte pratiche alle e-mail. Per contegno di fronte alle mie visioni, visti i panni seri che indossavo, cercavo di far finta niente. Provavo a pensare ad altro per mandarle via, ma loro non desistevano. Si calmavano solo quando prendevo la penna in mano e iniziavo a scrivere. Passavo da un problema di lavoro allo sviluppo di una trama per bambini, come se avessi due personalità diverse. Coinvolgevo le ragazze in ufficio nelle mie idee fantastiche perché non riuscivo a stare zitta neanche in quei momenti. All’inizio pensavano che fossi matta, che avessi un disturbo della personalità (e le capivo perché lo pensavo anche io!), ma poi hanno compreso che quelle storie io dovevo scriverle per davvero. E sono state le ragazze del mio ufficio il primo supporto che mi ha spinto ad intraprendere l’avventura letteraria dei #RaccontidiBambiniMaleducati. Ogni personaggio, anche se uscito dal niente, aveva diritto di avere il giusto risalto.
E così, uno dopo l’altro, di notte, di giorno, su una panchina, in gioielleria e in tanti altri posti, sono nati i protagonisti dei miei libri. Tanti altri personaggi aspettano ancora di uscire dalla penna.
Di una cosa sono certa: ci saranno altri momenti strani in cui mi troverò a scrivere, perché la scrittura quando arriva, arriva!
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