Scrivere su commissione: implicazioni e responsabilità

 

La scrittura su commissione può essere davvero emozionante e importante se si affrontano determinate tematiche.

Scrivere Chicco ha il tutù, il nono libro della collana “Racconti di bambini maleducati,” è stata un’esperienza coinvolgente, ma anche delicata. Dovevo descrivere un bambino che, sin dai primi anni della sua esistenza, si esprimeva come una bambina e, forse, si identificava anche con il genere femminile. La difficoltà maggiore stava nel fatto che Chicco era una persona reale, un bambino in carne e ossa che conoscevo sin dalla sua nascita. Questo ha aumentato la mia responsabilità nel raccontare la storia nel modo più adeguato, rispettando le sue emozioni, le sfide della famiglia, i turbamenti legati agli stereotipi della nostra società e anche le speranze di cambiamento.

Tutto è nato quando la madre del bambino (il cui vero nome è diverso da quello del libro) mi ha contattata facendomi questa richiesta: «Vorrei che scrivessi un racconto ispirandoti alla storia di mio figlio, per aiutarlo a comprendere che non deve sentirsi sbagliato, che lo abbiamo amato sin da quando è nato ed è speciale così com’è.»

Ho accettato la sfida e da quel momento ho iniziato a riflettere su come sviluppare la storia. Era evidente l’importanza primaria di raccontarla con l’obiettivo di aiutare lui e la sua famiglia a superare le difficoltà e a guardare con fiducia al futuro.

 

Scrivere un libro che tocchi il cuore dei bambini

Trovare le parole adeguate non è stato facile. Ho desiderato che il mio libro non si limitasse a narrare l’esperienza di Chicco, volevo toccare il cuore di tutti i bambini, insegnando loro qualcosa di prezioso sull’importanza di essere autentici, sulla bellezza di sentirci unici e su quanto possano far male certe azioni da parte dei bulli. Dovevo tradurre le emozioni di Chicco in parole significative e comprensibili per i giovani lettori.

Mi ci sono voluti più di due anni per trovare quelle adatte. Durante questo lungo periodo, ho riflettuto e ho compreso meglio come trasmettere con sincerità le sensazioni che Chicco stava vivendo e i disagi che avrebbe dovuto affrontare. Ogni frase doveva essere pesata per catturare l’essenza di questo piccolo, mettere in luce la sua straordinaria resilienza e descrivere il mondo intorno a lui, includendo sia chi lo comprendeva e chi lo ostacolava.

 

Realtà rivestita di fantasia

 

La fantasia ha svolto un ruolo fondamentale, è stata la chiave per portare avanti la storia, ma doveva essere ancorata alla realtà. Scrivere per i più piccoli non è affatto facile, come qualcuno potrebbe erroneamente pensare, ed è forse più complesso che scrivere per gli adulti. È necessario pensare con la testa di un bambino, trovare le parole giuste per spiegare concetti complessi in modo semplice, senza risultare didascalici o noiosi. Bisogna creare personaggi che i bambini possano amare e con cui possano identificarsi. Il linguaggio, lo stile e i temi devono essere adattati all’età del pubblico. Spesso ci si sente come camaleonti, pronti a cambiare pelle per soddisfare le esigenze dei giovani lettori.

Mentre scrivevo “Chicco” avevo sempre il timore che chi mi aveva commissionato il racconto potesse essere turbato dalle parole utilizzate per descrivere alcuni momenti difficili. È stato un sollievo quando ho consegnato il manoscritto a quella mamma. Ho atteso ansiosa che leggesse la storia e quando ho ricevuto il suo messaggio «Mi sono emozionata fino alle lacrime! Hai reso onore e forza al coraggio di Chicco, usando le parole giuste. Grazie!», mi sono commossa anch’io. La sua reazione ha alleviato un grande peso dal mio cuore.

 

Pubblicazione del libro: che emozione

 

Quando il libro è stato pubblicato, ricordo il momento preciso in cui il vero Chicco si è riconosciuto sulla copertina: «Quello sono io!» mi ha detto e io non sapevo cosa rispondere.

«Ma come puoi dirlo?»

«Ho la treccia fucsia come lui, ho letto che ama il rosa proprio come me e che si sente un po’ una bambina! Sono io!»

«Leggi tutta la storia e poi ne parliamo, a me non sembra che ti chiami così!»

La storia di Chicco andava scritta perché di bambini e bambine che vivono il disagio di sentirsi sbagliati, in un corpo opposto a quello che madre natura ha assegnato alla nascita, sono davvero in tanti. A volte fanno ancora più fatica gli adulti ad accettare che questo possa succedere e spesso confondono i bambini dicendo che sono solo loro fantasie, o capricci passeggeri. Ma i bambini sanno benissimo chi sono, provate a chiederglielo!

 

Il finale del libro

 

Il finale che ho scelto per Chicco è molto aperto, poiché credo che la sua storia sia ancora in evoluzione. Chicco si troverà ad affrontare in futuro nuovi bulli e le persone che non lo accetteranno per quello che è spunteranno fuori come la gramigna. Ma nel frattempo avrà imparato ad amarsi, la sua forza e determinazione gli permetteranno di superare qualsiasi sfida.

Perché alla fine, quando ci amiamo per quello che siamo raggiungiamo prima di tutti la strada della felicità.

Ringrazio di cuore la mamma che mi ha chiesto di scrivere questa storia. L’ho scritta pensando ai bambini, ma la consiglio davvero tanto anche agli adulti.

 

Share This