L’Ickabog
Poco prima di Natale è uscito in Italia l’Ickabog, ultimo libro di J.K. Rowling. L’autrice ha dichiarato di aver avuto l’idea della storia parecchi anni fa e di averla scritta a brani tra un Harry Potter e l’altro. Relegato in soffitta per tanto tempo, durante il lockdown del marzo scorso, la scrittrice lo ha ripreso in mano pubblicandone gratuitamente i capitoli on line per far compagnia ai bambini costretti a casa dalla pandemia. La versione cartacea ha riacceso gli entusiasmi dei tanti fans dell’autrice, anche se il clima di questa fiaba non ha niente a che vedere con le atmosfere dei libri precedenti.
L’AUTRICE
Joanne Rowling, scrittrice, sceneggiatrice e produttrice cinematografica, è nata a Yate (Inghilterra) nel 1965. È a tutti nota come la mamma di Harry Potter, ovvero autrice della celeberrima saga in sette volumi ambientata nella scuola di magia di Hogwarts. Il primo libro della serie, Harry Potter e la pietra filosofale, terminato nel 1995 è stato rifiutato da dodici case editrici prima di essere pubblicato da Bloomsbury, casa editrice indipendente allora poco conosciuta. Il successo che ne è seguito ha portato la Rowling a passare da uno stato di indigenza pressoché totale ad essere l’autrice che ha venduto il maggior numero di copie di libri al mondo.
LA TRAMA
La piccola nazione di Cornucopia sembra un’isola felice con i suoi cibi succulenti, le bevande deliziose, le stoffe raffinate e una pace che regna ormai da anni. La governa Teo, un re vanitoso e stolto, manovrato come un burattino dai due lord che lo affiancano: Scaracchino e Flappone. L’unica parte di regno dove domina la povertà si trova a Nord, nella zona delle Paludi, ma è troppo lontana perché re Teo se ne preoccupi. Lì la leggenda vuole che viva l’Ickabog, un mostro che nessuno ha mai visto, e che si dice mangi animali e persone. Tutti sanno che si tratta di un’invenzione, ma a seguito di un caso del tutto accidentale, a Scaracchino e Flappone farà comodo diffondere la notizia che in realtà il mostro esista davvero. Da questa iniziale bugia ne deriveranno, a cascata, un’infinità di altre unite ad atti di ingiustizia e vere atrocità. Toccherà ai due amici Margherita e Robi smascherare gl’impostori e rivelare la verità sull’Ickabog.
DA NOTARE
Una fiaba che, come da copione, inizia con il tradizionale C’era una volta, ma che poco dopo cambia tono con il riferimento al termine Temerario che il re Teo si è attribuito da sé, in virtù della straordinaria impresa di aver catturato e ucciso una vespa “tutto da solo”. Allora la cifra ironica del racconto, che domina più nello stile della narrazione che nel suo contenuto, salta fuori con evidenza, dando la sensazione che anche il ricorso al più classico degli incipit voglia in realtà essere uno scherzo. La Rowling sa raccontare, non c’è che dire, e riesce a farlo arrivando con la stessa incisività sia ai bambini, a cui la fiaba è dedicata, sia agli adulti che potranno trovare nella lettura più livelli di significati. Riuscire ad accattivarsi un doppio pubblico non è semplice, perché occorre saper evitare la retorica e gli stereotipi percorrendo un terreno, quello delle fiabe per bambini, che di stereotipi e di retorica molto spesso si nutrono.
L’unico appunto, imputabile forse più alla traduzione che al testo originale, è il mancato ricorso al congiuntivo là dove la lingua italiana lo avrebbe talvolta previsto e qualche ripetizione di troppo di termini e particelle del discorso all’interno di alcune frasi che appesantiscono il testo. Una cura maggiore della resa stilistica avrebbe giovato.
INCIPIT
C’era un a volta una minuscola nazione chiamata Cornucopia, da secoli governata da una lunga stirpe di re dai capelli biondi. Ai tempi della nostra storia il re si chiamava Teo il Temerario. Il ‘Temerario’ l’aveva aggiunto lui la mattina dell’incoronazione, in parte perché stava bene con ‘Teo’, ma anche perché una volta era riuscito a catturare e uccidere una vespa tutto da solo, se non contiamo i cinque valletti e il lustrascarpe.
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