Mio fratello
I ricordi, di cui tutti siamo ricchi, sono da sempre fonte di ispirazione e materiale prezioso per scrittori e artisti. Filtrati dalla sensibilità di chi li maneggia possono smarcarsi dalla dimensione personale e diventare un magnifico patrimonio di tutti, come nel libro “Mio fratello” di Daniel Pennac, che ti segnalo oggi.
L’AUTORE
Daniel Pennac è nato a Casablanca nel 1944. Dopo un’infanzia vissuta in giro per il mondo tra Africa, Europa e Asia, si è stabilito a Parigi dove è diventato un insegnante liceale di lettere. Intanto scrive romanzi comici, surreali ma che ben evidenziano le contraddizioni del nostro tempo. Ha raggiunto il successo dopo i quarant’anni con la serie di Belleville, incentrati sul personaggio di Benjamin Malaussène, di professione capro espiatorio, e relativa famiglia. Ha ricevuto il Premio Renaudot nel 2007 per Diario di scuola, la Laurea ad honorem in Pedagogia presso l’Università di Bologna nel 2013 e il Premio Chiara alla Carriera nel 2015.
LA TRAMA
Poco tempo dopo la morte del fratello Bernard, Daniel Pennac allestisce la lettura scenica di un celebre racconto di Melville, Bartleby lo scrivano. Per il personaggio di Bartleby i due fratelli nutrivano la medesima predilezione. Pennac in questo libro alterna le pagine dell’adattamento teatrale a episodi di vita quotidiana, in cui emergono non solo il carattere del fratello, riservato eppure dotato di uno straordinario senso dell’umorismo, ma anche il profondo affetto che l’autore ha provato e continua a provare nei suoi confronti.
DA NOTARE
L’idea e l’ispirazione che stanno alla base di “Mio fratello” hanno una matrice autobiografica. Sono ricordi personali quelli che Pennac rielabora e offre al lettore sotto forma di brevi racconti aneddotici ed è per una ragione altrettanto personale che l’autore scrive e allestisce l’adattamento teatrale del racconto di Melville Bartleby lo scrivano, le cui pagine si alternano a quelle della memoria. I due temi narrativi, tenuti insieme dalla figura del fratello, si rinfacciano: separati perché appartenenti a piani narrativi diversi, ma accostati perché ispirati alla stessa persona. Pennac usa anche due diverse grafie per distinguerli: il corsivo per il testo teatrale, il tondo per il racconto personale. Si ha così la sensazione che dentro il libro in realtà ce ne siano due.
Un modo molto originale di trattare i propri ricordi. Pennac non li racconta rispettando la sequenza cronologica degli eventi, non è la coerenza temporale che gli interessa trasmettere, ma il significato che vengono ad assumere per lui e la relazione stretta con la figura di suo fratello. Chi ama il genere autobiografico e volesse provare a cimentarvisi può trarre spunti interessanti dalla lettura di questo libro.
INCIPIT
Il desiderio di portare in scena il Bartleby di Melville mi è venuto un giorno in cui pensavo a mio fratello Bernard. Ero in macchina sull’autostrada del Sud, fra Nizza e Avignone. Ero appena stato sorpassato da uno di quei bolidi sul genere razzo extralusso come se ne vedono parecchi in quel tratto di autostrada. Forse una Ferrari, in ogni caso una roba rossa nuova fiammante. Ero un uomo piuttosto avanti negli anni, e non avevo mai comprato un’auto nuova in vita mia.
“Evitiamo di aggravare l’entropia…”
Uno dei princìpi di mio fratello morto.
“Usiamo l’usato?”
“Esatto, niente abusi e usiamo l’usato.”
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