Nel 2009, con alcuni amici, lanciai il mio primo podcast. Si chiamava Le storie di Siamo in Onda, raccoglieva racconti scritti per una radio locale da una trentina di giovani autori lombardi e piemontesi, alcuni dei quali sarebbero poi diventati professionisti della scrittura. Fu un’iniziativa che arrivò a stuzzicare l’attenzione di Apple che per lungo tempo inserì il progetto in vetrina tra i podcast degni di nota.
Colpiva la moltitudine di stili narrativi che ogni racconto condensava nelle 2100 battute previste: corrispondevano a circa 2 minuti e mezzo di lettura ad alta voce, poco meno del tempo di una canzone. Avevamo resuscitato un vecchio format radiofonico, il cosiddetto radiodramma.
Ricordo la sensazione di sentirsi pionieri in un territorio ancora inesplorato: i podcast in Italia erano pochi e nella categoria delle narrazioni c’erano solo il nostro e quello del giallista Carlo Lucarelli.
Dell’esperienza durata tre anni mi rimane qualche riflessione che vorrei condividere con te. Ma andiamo per ordine.
Che cosa sono i podcast?
I podcast sono canali di contenuti audio, disponibili via internet on demand (a richiesta).
In America il fenomeno è dei primi anni duemila, in Italia è esploso solo ora: un’indagine Nielsen rivela che nel 2019 sono stati 12,1 milioni gli italiani che hanno ascoltato nell’ultimo anno almeno un episodio di un podcast
La ragione va cercata nell’affermarsi di piattaforme come Spotify e Netflix che ci hanno aperti a nuove abitudini: abbiamo sviluppato la tendenza a scegliere il momento in cui usufruire dei contenuti anziché subirli, come invece accade con i tradizionali palinsesti televisivi.
L’ascolto di un audio, a differenza dei video, non catalizza su di sé tutta la nostra attenzione impedendoci di fare altro. L’audio ci può tenere compagnia negli spazi vuoti delle giornate, per esempio stirando i panni, o in palestra, o nel tragitto verso il posto di lavoro. E se ci distraiamo e ne perdiamo un pezzo, possiamo mettere in pausa, tornare indietro e risentirlo.
Di che cosa parlano?
Oggi gli argomenti trattati sono tanti: tecnologia, finanza, educazione, cultura, svago, politica, sport sono solo i primi che mi vengono in mente. I podcast sono tematici, un po’ come certi canali televisivi, fatti per soddisfare le tante curiosità dei possibili ascoltatori.
In Italia i podcast più diffusi sono quelli dei programmi radiofonici: un modo intelligente per dare una vita più lunga a contenuti che altrimenti non sarebbero più disponibili dopo la messa in onda alla radio.
Quanto costano e dove li trovo?
La gran parte dei podcast è gratis. Ai singoli canali ci si iscrive – come si fa con l’abbonamento ad una rivista – e, ogni volta che un nuovo episodio si rende disponibile, viene scaricato automaticamente il file sul nostro dispositivo d’ascolto.
Esistono differenti modi per trovare nuovi canali e iscriversi. A quelli presenti su piattaforme Apple e Google si accede con app specifiche anche per mobile. Tanti altri (spesso sono gli stessi distribuiti su più piattaforme) sono presenti in Spotify e alcuni sono accessibili con Alexa, l’assistente vocale domestico di Amazon.
Esistono anche podcast a pagamento, come quelli di Audible e Storytel.
E se i podcast li volessi fare io che sono uno scrittore?
Voce e scrittura insieme: che meraviglia. Io trovo che il podcast sia un ottimo modo per raggiungere un pubblico, qualunque sia l’intento: per dare visibilità al tuo lavoro, coltivare reputazione e fiducia, o più semplicemente per il piacere di condividere.
Immagino un autore con un libro da far conoscere oppure alla ricerca di un editore. Con il podcast può creare un contatto intimo con chi ascolta: la voce stabilisce un rapporto confidenziale, trasmette l’identità di chi parla.
Gestire un canale podcast – show è il termine che viene spesso usato – è come avere un blog, ma in un territorio meno inflazionato: c’è un interesse crescente e la domanda di contenuti audio supera ancora la disponibilità. C’è spazio per emergere e costruirti un seguito di persone interessate a te; lo stesso non si può dire per i blog, o comunque avrai meno concorrenza.
Ti troverai ad affrontare tante scelte.
Il format innanzitutto: come te lo immagini il tuo podcast? Un luogo dove dare voce ai tuoi scritti? Uno spazio complementare e di approfondimento del tuo lavoro? Dovrai scegliere bene tra gli argomenti su cui sei ferrato e che pensi possano interessare al tuo pubblico, e curare la forma con cui esporli.
Dovrai cercare il tuo stile: leggerai i tuoi testi, oppure parlerai (e registrerai) a ruota libera? Nel primo caso servirà un po’ di mestiere per interpretare in modo piacevole e autentico, nel secondo l’insidia è nel perdere il filo del discorso: sarà opportuno scrivere una scaletta.
Dovrai pianificare argomenti, registrazione, condivisione dell’intera stagione.
Ti serviranno alcuni strumenti. ma puoi anche cominciare a costo zero. Basta disporre di un Pc, un microfono e un buon software di montaggio audio (Audacity, ad esempio, che è gratuito). Quindi serve uno spazio dove ospitare i file audio: un blog, se ne hai uno, già andrebbe bene o, se preferisci, puoi avvalerti di una piattaforma specializzata come Spreaker.
Puoi amplificare la visibilità dei tuoi episodi attraverso i social e magari arrivare ad avere una mailing list di follower da tenere aggiornati con le newsletter ogni volta che uscirai con un nuovo episodio. Ti suggerisco Mailchimp per la gestione: è gratis fino a 2000 indirizzi.
Conclusioni
Avere un podcast è un’esperienza completa con cui sviluppare almeno quattro competenze diverse:
- creative, come l’elaborazione del testo da leggere integralmente o che funga da traccia di ogni episodio;
- tecniche, come registrare, montare, condividere i contenuti audio;
- oratorie, come parlare ad un microfono immaginando il pubblico che ti starà ad ascoltare;
- strategiche, come il promuoversi attraversi i canali online.
Entusiasmante, se desideri farne un’occasione di crescita personale oltreché professionale: una scelta che – da professionista del marketing – suggerisco ad ogni autore che ambisca emergere.
Rassegniamoci a pensare allo scrittore come ad una figura distante dall’immagine romantica dipinta da tanta narrazione, chiusa nel proprio studiolo a cercare le parole da trasferire su carta. Un libro oggi vende quando si è capaci di diffondere il valore dell’opera e ancor più quello di chi l’ha concepita. Operazione che richiede un ruolo attivo di chi scrive: al lettore oggi si arriva solo andandolo a cercare.
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