Il sogno di pubblicare un libro
La mia esperienza con la scrittura, che mi ha portatata a pubblicare un libro, conferma che a volte i sogni si avverano. Bisogna aver passione, impegnarsi nello studio e perché no, ingraziarsi la fortuna per indurla ad accorgersi di noi. Non saprei definire un’età favorevole all’esordio: per me, è stato un frutto tardivo, quasi non ci pensavo o speravo più.
Concorsi letterari e prime (in)esperienze
L’iniziale approccio è avvenuto tramite i concorsi letterari. Rapportarsi al giudizio di critici neutrali, che non siano i soliti amici e parenti, permette di capire se siamo in grado di affascinare il lettore tenendo desta la sua attenzione. Valutazioni obiettive non dettate da legami di cuore. Fui contattata dal promotore di un bando di narrativa, perché il mio racconto era stato inserito nell’antologia della rassegna. A breve seguì la sua proposta editoriale. Ai tempi ero ingenua e sprovveduta. Ricevere un contratto mi fece perdere la testa. Non valutai con il dovuto buonsenso ogni singola clausola che approvavo firmando. Ora, dopo anni di esperienza, non accetterei un impegno contrattuale dopo solo quattro giorni dall’invio di un manoscritto. Quel breve lasso è sufficiente si è no per valutare la sinossi e qualche pagina. Forse l’ego tronfio di autrice desiderosa di emergere, mi indusse a sottoscrivere l’accordo. Convalidai di mio pugno la strage delle mie stesse illusioni. Quella raccolta venne pubblicata senza alcun contributo, ma mai distribuita.
Editori-tipografi e libri che scompaiono dai cataloghi
Terminate le copie gratuite, come pattuito, e le cinquanta ordinate con lo sconto autore, il mio libro scomparve dai radar e diventò introvabile. Se mi posso permettere un consiglio, esorterei ad aver pazienza: la fretta è diabolica. Mi ero impegnata e per vent’anni inchiodavo i suoi diritti alla mia opera. Ripensandoci a mente lucida fa quasi sorridere. Chi è mai il folle che si assicura la prelazione di una sconosciuta così a lungo? Neanche fossi un fenomeno mondiale e l’editore un eccellente scopritore di talenti. Avrei dovuto inficiare l’accordo già non vedendo rispettate la tempistica di correzione bozze e quella di pubblicazione, ma lasciai perdere per eccesso di fiducia. Chi agisce in buona fede attribuisce agli altri il medesimo sentire. Così lo scusai e continuai a tentare di contattarlo. Se credeva così tanto nel mio talento, come mai non diffuse la raccolta su tutti i canali a disposizione? Perché era un semplice tipografo.
Rientrava nei costi di stampa guadagnando sulle copie che avevo prenotato per i conoscenti. Insomma dovetti, mio malgrado, improvvisarmi venditrice porta a porta. La smania di vedere il mio nome spiccare sulla copertina mi aveva “bruciata”. Solo la cocciutaggine e l’amore per la scrittura mi spronarono a non mollare, nonostante il fallimento. Chi aveva letto il libro mi approvò e questo, per me, era già uno stimolo sufficiente.
Voglia di approfondimento: il corso di scrittura creativa
Non mi arrendo, ma credo nel valore dell’umiltà. Dovevo applicarmi di più e frequentai un corso di scrittura creativa della durata di un anno. Fu promosso a costo zero da un circolo culturale, in seguito diventato casa editrice. Offrivano ad aspiranti scrittori “senior” un accurato approfondimento sulle tecniche narrative. Mi misi per la seconda volta in gioco con una nuova raccolta di racconti.
Una nuova sfida: il crowdfunding editoriale
Amo le sfide e affrontai il rischio del crowdfunding. Mi affidai a Bookabook, una casa editrice seria che approvò i miei sforzi letterari e mi fornì il contratto. In cento giorni dovevo convincere i miei sostenitori ad acquistare duecento copie di quello che sarebbe diventato, forse, un libro. Gli interessati potevano sbirciare l’anteprima del manoscritto sul sito della casa editrice e valutare se investire. Non raggiunsi il goal per poco, ma chi aveva anticipato il costo della raccolta l’avrebbe ricevuta editata e rilegata, priva di codice ISBN. Una soddisfazione a metà, dunque: mi fu ancora negato l’accesso all’Olimpo dei cataloghi, secondo l’iter della filiera tradizionale. Non mi diedi per vinta neppure dopo quell’ ennesima sconfitta.
L’editore giusto? Questione di pelle
Riacquisiti i diritti, girai il file del “pronto si stampi” a diverse case editrici, dopo un’attenta analisi. Scaricai una lista di quelle non a pagamento e consultai le loro collane, acquistando a campione qualche titolo, per capire a chi mi sarei affidata. Volevo testare di persona come curavano i dettagli e che amore dedicassero al progetto. Tra i favorevoli a puntare su di me scelsi Edizioni della Goccia, il mio attuale editore. Perché proprio lui? Per la singolarità della proposta: non il solito algido prestampato, ma un approccio diretto, quasi famigliare.
Non mi offriva l’impossibile, ma da piccolo imprenditore quale è, un lavoro artigianale curato nei particolari. Il suo sito è essenziale, non incanta certo con effetti speciali. “Siamo una goccia nel mare dell’editoria. Perché goccia dopo goccia vogliamo far parte di quel mare. Perché la goccia scava la pietra e noi vogliamo avere la stessa determinazione”. Un vero colpo di fulmine. Un editore che un po’ mi assomiglia e crede nella volontà di inseguire i sogni. Ci si deve piacere a pelle, con la duttilità di arretrare di un passo, se serve, o di non transigere se lo riteniamo necessario. Va sempre tenuto a mente che il rapporto editore-autore è sinergico. Edizioni della Goccia non esce con un numero esagerato di pubblicazioni all’anno: approva solo quello che ritiene convincente e se ne prende cura in ogni passaggio. Sempre disponibile al confronto, posso rintracciare l’editore in tempi rapidi e concordare con lui tutto quello che può rendere il prodotto migliore, prima di consegnarlo al lettore.
È interesse comune gratificare il pubblico: l’autore si mette in evidenza e il datore di lavoro incassa. Non mi dichiaro immune alle lusinghe di un colosso editoriale, se mai mi contattasse, ma credo che si debba scegliere l’editore a misura delle proprie ambizioni e capacità.
Autore ed editore: un rapporto di collaborazione e rispetto
Conosco emergenti come me che subiscono, alla stregua di un’offesa personale, l’eventualità di un taglio incisivo all’interno di un capitolo, quasi si amputasse loro un arto. Immagino che ogni parola, se ponderata e coccolata, possa apparire indispensabile alla narrazione e non sacrificabile. Alleggerire è un’operazione dolorosa, ma spesso efficace. Non mi è ancora capitato, ma vivrò l’evenienza con serena accettazione quando mi toccherà. Nel romanzo pubblicato l’anno scorso, intitolato C’è del marcio in zona Brera, l’intuizione di Davide – l’editore – volta a modificare l’ordine dei capitoli, ha regalato maggior vigore al ritmo narrativo. Gli sono grata. Noi autori tendiamo a peccare di superbia arricciando il naso in caso di consigli e suggerimenti. Certo, in fase di editing anche chi corregge e individua un’incongruenza deve avere garbo nel proporre la modifica a ciò che non funziona. Servono rispetto ed educazione da entrambe le parti.
Pubblicare un libro partendo dal pc di casa
A volte non mi pare vero di aver realizzato il mio sogno da sola, utilizzando maldestra, il computer nello studio di casa. Mi paragono a quei ragazzi che strimpellano la chitarra e si propongono su YouTube affidandosi alla rete, sperando di guadagnare un sacco di visualizzazioni. Ho lavorato in sordina, sfidando le perplessità di mio figlio.
«Davvero ti illudi di vendere dei libri? Il mondo dell’editoria è una giungla» diceva «e tu senza conoscenze e agente letterario, dove pensi di approdare?»
Non era sfiducia la sua, ma dei tre figli, lui incarna il pragmatismo, la logica di causa effetto. Non ha preso da me l’estro e la spudoratezza di apparire naïve.
Ma la vita è capricciosa e mescola le carte a suo ghiribizzo…
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