“Ma sei una vera scrittrice?”

“Ma come hai fatto a pubblicare i tuoi libri? Quelli veri di carta, con la copertina e il prezzo scritto dietro?”

“Te li sei stampati da sola e li hai portati tu dal libraio?”

“ E i soldi di quelli venduti, te li prendi tutti tu?”

Negli ultimi anni mi è capitato parecchie volte di andare nelle scuole primarie a raccontare il mio lavoro e, fra le mille domande che quelle creature straordinarie mi fanno, queste sono quelle che potrei catalogare fra le sempre presenti. Alla prima di solito non rispondo e comunque dribblo con l’abilità di un centrocampista.

Quando ci si può definire “scrittori”?

Dipende dal numero dei volumi pubblicati o dalla frequenza con cui si riempiono le pagine?

Dalla quantità di lettori che si hanno o dai post auto promozionali che si pubblicano? Davvero non lo so, ma se penso a quelli che per me sono dei veri scrittori, quelli con la S maiuscola, allora no, non mi sento proprio degna di definirmi una scrittrice. A loro, ai bambini, però non lo dico, perché non vorrei deluderli e non vorrei nemmeno mettere in imbarazzo le loro deliziose maestre che come tale mi presentano.

“Una mestierante della parola scritta”, così mi definirei, togliendo al termine “mestierante” qualsiasi accezione negativa.

Come ho fatto a pubblicare i miei libri?

Certamente la mia storia non potrebbe rientrare in nessun manuale per aspiranti scrittori perché non risponde a nessuno dei passaggi obbligati o consigliati più comuni. Il mio primo libro ha avuto come sfondo un incontro, uno scambio di idee, una scintilla che si è accesa negli occhi, un sogno che si è avverato. Una favola che raccontavo alle mie bambine si è trasformata in una possibilità di libro, con tanto di morale e di illustrazioni. Per me, un piccolo capolavoro che ha preso corpo fra le miei mani e che ancora oggi, a distanza di dieci anni, mi riempie di gioia. Quelli che sono venuti dopo sono il frutto di tanto lavoro, tanta esperienza e tante relazioni e proposte.

All’inizio il marchio Artkids dietro il quale ci siamo la mia socia, Martina Fuga, ed io non lo conosceva nessuno: poco a poco, progetto dopo progetto, siamo diventate un punto di riferimento per quegli editori che decidono di scommettere sulla storia dell’arte e sull’importanza di offrirla al pubblico dei giovani lettori in modo avvincente.

Ogni libro ha portato con sé l’incontro con persone straordinarie, con editor appassionati ed editori lungimiranti. Ognuno è stato seguito come un bambino che, una volta dato alla luce, ha preso la sua strada e la sua identità nelle mani del suo lettore.

Non saprei dire quale sia il segreto per farsi pubblicare, quali gli stratagemmi per convincere un editore della bontà del proprio progetto. Quello che so è che ogni volta, per me, è come se un sogno chiuso in un cassetto (o un’idea chiusa nella testa) diventasse, quasi per magia, realtà. Non ho mai auto pubblicato un libro. A volte Martina ed io ci abbiamo pensato, ma non lo abbiamo fatto. Non perché riteniamo che non sia una strada da percorrere, semplicemente non ne abbiamo ancora avuto l’occasione. In futuro, chissà…

“Cosa avete detto, bambini? Soldi? Avete parlato di soldi?”.

Non siamo noi i librai e nemmeno i distributori e ancor meno gli editori. All’inizio dell’avventura di un libro ci siamo noi autori, ma nella filiera dei guadagni siamo sempre gli ultimi. Questa è la realtà di noi “mestieranti della parola scritta”: pochi guadagni, ma tante soddisfazioni. Non sono diventata ricca né mai lo diventerò: ma scrivere è la mia passione e quello che faccio mi rende una persona felice.

“E questo, bambini, per me è la ricchezza più grande”.

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