Il tempo che scorre è uno dei fattori che ci piacerebbe controllare, sfugge veloce e desidereremmo congelare certi momenti, conservarli per sempre. Scrivere a mano ci regala questa possibilità.
La mano come utensile per tracciare segni
Fin da quando eravamo molto piccoli, nel momento in cui abbiamo fatto la nostra prima esperienza tattile, abbiamo trasformato la mano in un utensile per tracciare segni. Tracce forti e colorate, dense di emozioni e testimoni di scoperte.
Il tempo si è fermato in quel momento, in quell’età precisa, e racconta di noi e della nostra crescita, sincero e senza omissioni.
Per merito delle mamme, tanti di noi possono ammirare con tenerezza quel frammento di vita ancora appeso sulla parete della cameretta nella quale sono cresciuti: la prima espressione del nostro scrivere a mano.
Scrivere a mano per raccontare noi stessi e la nostra storia
Il foglio di carta diventa testimone di ciò che siamo stati in quel momento.
E questo accade a qualsiasi età, con naturalezza.
Ormai abbiamo sperimentato che il corpo partecipa attivamente all’atto grafico/espressivo, qualunque esso sia, con mille pesi, mille equilibri, mille sfumature: ognuno lascia una traccia che non si potrà confondere con nessun’altra.
Quanta emozione ci guida nell’esprimere quello che proviamo? Quanta energia imprimiamo sulla penna nel trascrivere il pensiero? A chi è rivolto? In quale contesto? Tutto partecipa all’azione e l’azione di scrivere a mano diventa tempo per durare altro tempo, per altre persone. Qualcun altro potrà rileggerci in futuro, in viaggio tra i segni e le emozioni che abbiamo lasciato: la piega del foglio che rivela un appoggio maldestro del gomito, l’impronta circolare di una tazza di cioccolata calda, segni di cancellature e ripensamenti.
La calligrafia: espressione dello stile e delle esigenze di ogni epoca
Il tempo ci insegna: sappiamo che la scrittura nasce lontano, migliaia di anni fa, costituita prima da segni, poi da pittogrammi e ideogrammi, fino alle lettere che conosciamo.
L’uomo quindi ha sempre sentito il bisogno di registrare il proprio passaggio, rendere duraturo il proprio messaggio, magico, culturale o utilitaristico che fosse.
La calligrafia è nata, si è evoluta e ha avuto la capacità straordinaria di adattarsi alle richieste dell’epoca in cui viveva.
Ha sempre soddisfatto le esigenze dell’uomo in tutte le sue variabili.
Per fare un esempio, possiamo osservare il lavoro degli amanuensi del periodo medioevale, intenti a scrivere a mano i libri sacri in Onciale, una scrittura dall’aspetto solenne, lenta e curata, adornata di ori e colori preziosi per enfatizzare la grandezza di Dio.
Oppure all’epoca di Carlo Magno, quando si sviluppa la Carolina, una scrittura che non poteva più permettersi di essere lenta come l’onciale. Carlo Magno ordina una considerevole quantità di codici e incoraggia lo sviluppo di molti centri scrittori. Per soddisfare questa esigenza quindi, si elabora una scrittura di più veloce esecuzione, più chiara e leggibile.
Per non parlare della Cancelleresca, utilizzata durante il periodo Rinascimentale nelle cancellerie, per le quali la velocità di trascrizione dei tantissimi documenti era davvero importante. È una scrittura così lineare e chiara da costituire ancora oggi un modello base straordinariamente attuale, che io stessa utilizzo nei miei corsi di rieducazione alla bella grafia.
Ma in quest’epoca, che posto è stato riservato alla calligrafia?
È riuscita ad adattarsi alle esigenze della società?
La calligrafia può diventare il mezzo per conciliare mente e macchina
Difficile rispondere. D’istinto mi sembra che quel posto non ci sia e che adattarsi sia impossibile se guardiamo la modalità con la quale lavoriamo e comunichiamo. Schermi e tastiere nulla hanno a che fare con le esperienze multisensoriali e le attività manuali tattili, visive, olfattive su cui invece la calligrafia si fonda.
Si digita e quindi si compiono gli stessi movimenti per tutte le lettere.
Le dita scivolano su di uno schermo che ha sempre la stessa consistenza e temperatura. Il gesto e poi il segno che si lascia sulla superficie viene filtrato da un calcolo matematico che non registra alcuna pressione, né passione, né l’esatto movimento compiuto.
La calligrafia non ha potuto adattarsi ed è tuttora in cerca di un modo per sopravvivere. Ne sono certa perché, dopo tanti anni di lezioni con studenti di tutte le età, mi è ormai chiaro che le persone sentono la sua mancanza.
Nella mia professione di graphic-designer posso dire che è possibile e auspicabile creare una collaborazione tra le due modalità.
La velocità di esecuzione, che i software di design consentono di ottenere nella creazione di tutti i tipi di file utili per la stampa e le piattaforme digitali, rappresenta di sicuro un vantaggio indiscutibile e benedetto. D’altro canto la fase di ricerca e di creazione del progetto è nemica della velocità e della superficialità che spesso ci restituisce il web, ha bisogno di tempi lunghi di sedimentazione, di una raccolta di informazioni efficaci e veritiere, di un’espressione autentica, personale.
L’evoluzione a cui deve tendere oggi la calligrafia sta nella coesistenza delle due nature: il nostro sentire e l’algoritmo, mente e macchina, bellezza e automazione.
Scrivere a mano per un futuro ricco di opportunità
Mi sembra la strada giusta verso un futuro ricco di opportunità.
Una cosa non esclude né sostituisce l’altra. La nostra umanità, la nostra creatività sono salve, creano bellezza e non entrano in competizione con la tecnologia che, se usata bene, non ci annulla ma ci completa, colmando i vuoti lasciati dalla nostra imperfezione.
È vero, siamo imperfetti ma unici e geniali, e come dice Einstein:
I computer sono incredibilmente veloci, accurati e stupidi.
Gli uomini sono incredibilmente lenti, inaccurati e intelligenti.
L’insieme dei due costituisce una forza incalcolabile.
Nel tempo.