Oggi a Milano ho incontrato tre donne. Hanno scritto, scrivono, scriveranno.

Lavoro con loro, le seguo, nei progetti di scrittura consapevole, scrittura autobiografica e scrittura di vita che sembra un romanzo tanto è incredibile.

Francesca ha gli occhi immensi, a vederla così filiforme e leggera, spesso immersa nei suoi silenzi e nei suoi pensieri, si potrebbe pensare che sia fragile ma non lo è. Anzi, se devo pensare ad una figura a cui paragonarla mi viene in mente un condottiero d’altri tempi, fiero e indomabile. Pronto a difendere i suoi ad ogni costo.

Insieme abbiamo dissotterrato – e non c’è termine più adatto – parole adagiate in profondità. Raccontando di sé, in continui e spesso faticosi sentieri di scrittura consapevole, ha ripercorso il passato, anche quello più lontano, più antico; ha ritrovato magie dimenticate come la prima neve accolta da uno sguardo bambino. Guardandola impugnare una delle penne che sceglie sempre con cura e imbastire frasi, rileggendo con lei pagine e pagine ho pensato: sì, scrivere è vivere.

Perché ti restituisce come d’incanto immagini dimenticate, verità che riprendono colore. Come una mappa la scrittura ricostruisce e ti indica la via. Quanta strada, parola dopo parola. Emozione dopo emozione. Quanta restituzione di esistenza che si proietta nel futuro.

Annarita, quando sorride non puoi resistere: devi rispondere a quell’energia della vita ritrovata, conquistata, ricreata. La sua storia è storia di salvezza. Me lo dice lei stessa, fiera e potente: la lettura e la scrittura l’hanno aiutata, sostenuta.

Mentre racconta la guardo, l’ascolto, immagino i giorni pesanti, le paure, i pensieri. Ha attraversato la notte, quella scura e profonda. E ora vuole scrivere, raccontare, donare agli altri la sua incredibile storia perché possano trovare in modo più veloce una via d’uscita, una speranza che lei stessa – oggi, qui, viva, dirompente – incarna. Osservandola con lo sguardo potente che si punta all’orizzonte, al futuro, penso che sì, scrivere è vivere perché la sua storia urlerà al mondo la forza della vita e della consapevolezza di sé.

Michela ha trovato nella scrittura una via d’uscita da un incubo che ancora non è finito. Anzi, scrivere la sua storia rappresenta un riscatto, una denuncia, un richiamo. Mi dice che scrivere l’ha aiutata a scaricare la tensione, le ha infuso energia, voglia di continuare la sua battaglia contro chi da anni la tormenta, la spia, le rende la vita difficile (uso un eufemismo). Di lei mi colpisce sempre l’entusiasmo, anche se confessa di essere stanca (altro eufemismo) non si arrende mai.

All’inizio la sua scrittura era aggrovigliata, densa, sovra strutturata, forse a proteggersi. Un passo dopo l’altro abbiamo smontato le impalcature. Con la lucidità e il desiderio di chi vuole migliorare non si è fermata: ha corretto, riscritto e poi riscritto ancora. Fino a che abbiamo sentito la vera voce. Guardandola oggi ho pensato che sì scrivere è vivere perché la scrittura la protegge, le offre rifugio e riparo, le ha permesso di mantenere lo sguardo lucido, la mente salda.

Ho incontrato tre donne, una dopo l’altra. Mi hanno portato doni incredibili.

Sono uscita dallo studio in una Milano di sole e caldo appena mosso da un’aria che sa di temporale lontano. Camminando verso la metro mi sono sentita onorata di essere accanto a loro in queste scritture che andranno poi per il mondo portando in sé e agli altri messaggio prezioso, cura, speranza.

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