Il ladro di polli di Béatrice Rodriguez, edito da Terre di Mezzo, appartiene a una categoria che mi affascina molto, quella dei silent book, i libri senza parole.
Nelle sue 28 pagine il libro, divertente e geniale, racconta l’inseguimento da parte di un gallo, un orso e un coniglio, di una volpe che, sbucata all’improvviso dal bosco, rapisce la loro amica gallina. È un inseguimento all’ultimo respiro che porta i nostri protagonisti attraverso boschi e tunnel, mari e monti, giorno e notte, perché la priorità è salvare l’amica pennuta e toglierla dalle grinfie della volpe. Riusciranno nella loro impresa? Si è davvero trattato di un rapimento?
Cosa sono i silent book
I libri muti, non silenziosi, perché non lo sono affatto, hanno la caratteristica di raccontare la loro storia senza usare il linguaggio, ma affidandola totalmente alle illustrazioni e ai colori, che diventano un suggerimento, una guida per la lettura della vicenda.
Dice Shaun Tan, autore contemporaneo australiano di origini malesi, nel suo ‘Per chi sono questi libri?’:
«L’artista non costruisce nient’altro che un’architettura leggera dotata di pareti immaginarie, non vi dispone che pochi oggetti di arredo, per poi restare in attesa dell’ospite sconosciuto: se solo accetterà l’invito sarà questi ad animare con il suo cuore e le sue risorse interiori quel luogo, a riempirlo di senso. (…) Accomodàti nel salotto immaginario guardiamo insieme le cose, narratori e lettori, e tutto ciò che ci tocca è fare della nostra meraviglia materia di discussione. Non c’è un senso dato e pietrificato da tirar fuori con un’operazione di scavo archeologico: tutte le interpretazioni sono vive e giuste, e in continuo mutamento».
Una citazione che chiarisce con oggettività ed emozione cosa significa creare e leggere un silent book.
Leggere un silent book
L’esperienza di lettura di un libro senza parole è magica, perché il silenzio della parola incoraggia il lettore a una partecipazione attiva che non è solo di decodifica del racconto, ma di vera e propria costruzione della narrazione.
In questi libri solo le parole rimangono zitte, mentre tutto il resto – struttura delle pagine, immagini, forme, colori, oggetti, personaggi – fanno sentire con molta forza la loro voce, diversa e potente. Il lettore deve attingere al proprio bagaglio di ricordi e di conoscenze per dare un senso e una funzione a ogni elemento della pagina: ciascuno di noi infatti attribuisce al mondo il proprio senso che non può in nessun modo derivare dall’esterno.
Sono libri inclusivi, che richiedono molta attenzione all’insieme, ma anche e soprattutto al particolare. Leggere un libro senza parole è un’operazione che occupa un tempo lungo, perché il linguaggio delle immagini è tutt’altro che semplice e perché ogni particolare di ogni disegno contiene un mondo capace di dare significato alla storia.
Leggere un silent book è, per noi adulti, una sfida prima di tutto con noi stessi. Capita spesso che proprio i “grandi” di fronte a questa tipologia di libri non sappiano cosa dire. In tutti gli altri, la presenza delle parole che raccontano la storia è rassicurante, perché permette di accettare la proposta narrativa e il suggerimento interpretativo dell’autore senza doversi mettere in gioco. I libri muti non lo consentono e obbligano i lettori a diventare protagonisti del racconto, personaggi stessi della storia che le pagine suggeriscono senza nessuna presunzione di verità né, tanto meno, di unicità. Per i “piccoli” è tutto più semplice, specie se non hanno ancora imparato a leggere: sono molto più a contatto con la fantasia e con il loro immaginario. Per i bambini inventare storie, dare significati personali, unici e imprevedibili a situazioni e oggetti è normale; così come porre domande per capire, imparare, ascoltare i racconti di altri.
Per chi sono questi libri?
Questi libri parlano e raccontano a tutti, nessuno escluso ed eliminano qualsiasi gerarchia di accesso al libro. L’interpretazione delle immagini e la costruzione della trama affondano le radici nell’esperienza emozionale di ciascuno; ecco perché non esiste un modo univoco di leggere una storia e perché di fronte a questa tipologia di narrazione siamo tutti uguali.
Le storie per immagini hanno il potere di unire nella lettura e la parola chiave dell’esperienza è insieme. Adulti e bambini di qualsiasi età, di fronte alle “meraviglie mute” hanno un ruolo attivo nella costruzione della storia, ognuno con il suo bagaglio di conoscenze (gli adulti) e di domande (i bambini). Quello che rende il viaggio unico è la sinergia tra i mondi e le esperienze – fatte o ancora da fare – purché si arrivi a far dire alle pagine tutto ciò che non dicono.
In questa esperienza, assume un ruolo fondamentale proprio la voce del non detto. La mancanza totale del testo scritto amplifica solo all’apparenza l’entità della lacuna; in realtà, la narrazione per immagini è costruita come un percorso guidato alla ricerca di legami, collegamenti, rimandi, sparizioni e svelamenti che costituiscono la trama e l’ordito della storia.
Come nella tessitura la trama è il movimento che porta i fili da un lato all’altro del telaio, così nella letteratura porta la narrazione – e con essa il lettore – dall’inizio alla fine; l’ordito invece decide la larghezza e la lunghezza del tessuto, che nella narrazione potrebbero essere paragonate alla profondità del testo.
Se dovessi pensare a un paragone, direi che leggere un silent book è come guardare un arazzo prima davanti e poi dietro, nel suo lato nascosto. Negli arazzi, la parte visibile è quella che ci permette di ammirare la bellezza e il significato dell’opera, di leggerne la narrazione, ma guardare ciò che sta dietro significa comprendere la complessità e il fascino della composizione, della realizzazione artistica. È solo guardando dietro che possiamo apprezzare il non detto, il percorso di ogni singolo filo, la struttura progettuale senza la quale la storia non esisterebbe. Lo stesso vale per i libri muti: per entrare nella storia occorre dare voce a ciò che è illustrato e far emergere il significato di ciò che è presente ma taciuto, ricostruire le tracce silenziose che legano gli elementi compositivi del narrare, per comprenderne appieno affinità e differenze, vicinanza e distanze, legami apparentemente inesistenti, in realtà percepibili solo con un lavoro di osservazione attenta e paziente.
Tornando al Ladro di polli
Nel caso de Il ladro di polli, un silent book di grande successo, occorre soffermarsi con curiosità e meraviglia, per un tempo adeguato, a osservare i dettagli dei disegni, perché solo così si può apprezzare l’evolversi dei personaggi che avviene immagine dopo immagine. Il vero punto di attenzione delle illustrazioni di questa storia, che solo un osservatore attento e non frettoloso è in grado di cogliere, è rappresentato dalle espressioni letteralmente dipinte sui musi degli animali: nel caso del gallo, del coniglio e dell’orso la sorpresa iniziale per il rapimento improvviso e inaspettato, che diventa rabbia nei confronti della volpe colpevole; nel caso della gallina rapita lo spavento che lascia il posto alla richiesta di aiuto. Sentimenti che si modificano progressivamente e che preparano il colpo di scena finale caratterizzato dallo stupore.
Due sono le tematiche affrontate da questo libro: l’importanza di non farsi condizionare dai pregiudizi e dalle apparenze, e la forza e la solidarietà che regolano i rapporti di vera amicizia.
È una storia che affronta argomenti seri, ma con una grande ironia che traspare proprio dai disegni. In più di un’occasione i protagonisti strappano una risata al lettore, anche quando, dopo molte letture, si conosce il finale.
La lettura è consigliata a partire dai 4 anni, ma io mi sento di suggerirla soprattutto agli adulti, perché è un ottimo modo per lasciarsi andare e divertirsi a raccontare storie. All’inizio non è per niente facile, ma quando ci si abbandona alla fantasia diventa un’esperienza liberatoria e di crescita personale.
Del resto, anche le parole, prima che imparassimo a leggere, non erano altro che immagini da interpretare, ognuno secondo la propria creatività e immaginazione.