Il potere delle storie vere

Esistono storie che sono capaci di entrarci sottopelle, di influenzare il nostro modo di pensare, di scavare un solco profondo nella nostra anima e nella nostra coscienza, tanto più se si tratta di storie vere. Sono convinto che ognuno di noi abbia la sua e, se ancora non l’hai incontrata, l’augurio che posso farti è che questa storia, prima o poi, possa apparire sulla tua strada, venirti incontro, travolgerti.

A volte, racconti così impattanti, si presentano sotto forma di un libro, di un film, di una canzone. In altre occasioni le troviamo attraverso l’incontro con persone che desiderano condividere la loro particolare esperienza con noi.

Non credo esistano storie più importanti di altre: il loro valore è soggettivo. Dipende da quanta penetrazione riescono ad avere sulla nostra persona.

 

La storia di Chris McCandless

Nel gennaio del 2008 uscivano in Italia, in contemporanea, un libro e un film che hanno avuto per me una notevole rilevanza: Nelle terre estreme, di Jon Krakauer, e l’adattamento cinematografico di Sean Penn “Into the Wild – Nelle terre selvagge”. Amo le storie che trattano la vita in natura e la ricerca di sé attraverso essa, soprattutto se ambientate in zone sub-artiche. E all’epoca avevo una vera ossessione per l’Alaska in particolare. Che si trattasse di fatti realmente accaduti l’ho capito poco prima di andare a vedere il film; mi bastarono le immagini dei trailer in tv per farmi correre al cinema. Quella era una storia che non potevo assolutamente perdermi e l’esperienza di poterla “vivere” sul grande schermo era qualcosa di cui sentivo il bisogno. Ringrazio ancora oggi me stesso per aver assecondato quella sensazione così viscerale.

Un’esperienza immersiva

Uscendo dalla sala ero così preso da ciò a cui avevo assistito da non riuscire a parlare con chi era in mia compagnia, come fossi stato colpito da una forma di mutismo da shock. Ero sconvolto dalla storia e dal suo esito, rapito dalle immagini di luoghi che per me erano un vero sogno e completamente assorbito dalle musiche di una colonna sonora tanto emozionante. Ma non avevo visto solo un gran bel film e vissuto un’esperienza davvero “immersiva”. Ho capito, fin da quella sera, che la vicenda di Chris McCandless sarebbe stata importante per me, che avrebbe avuto dei risvolti e degli sviluppi. Il giorno successivo sono andato in libreria a comprare il libro di Krakauer: il mio coinvolgimento emotivo era talmente elevato che dovevo saperne di più, e volevo sentire “la voce” di chi, quella vicenda, l’aveva raccontata.

 

Il libro di Jon Krakauer

La storia di Chris è ormai nota: dopo la laurea decide di fare un viaggio di ricerca interiore, lontano da tutto e da tutti, in giro per gli Stati Uniti, con l’idea di concluderlo in Alaska. Qui, a due anni dalla partenza, troverà purtroppo la morte e il suo corpo verrà recuperato in condizioni pietose in un vecchio autobus che aveva utilizzato negli ultimi mesi di vita come rifugio.

All’epoca dei fatti (1992) Jon Krakauer, alpinista con una vasta esperienza e scrittore, viene incaricato dalla rivista con cui collabora, Outside, di scrivere un articolo sul ritrovamento del giovane. Avendo provato egli stesso le difficoltà di adattarsi a certi luoghi e a certi climi (ha rischiato di perdere la vita in una spedizione sull’Everest) rimane folgorato dalla storia del ragazzo e, grazie all’aiuto e alle testimonianze della famiglia di Chris, e di alcune persone che lo avevano conosciuto in quei due anni, decide di approfondire la storia, di trarne un libro.

Percorso geografico e interiore

Non ne traccia solo il percorso geografico, anche grazie a un diario ritrovato insieme al corpo, ma entra in empatia con la sua persona, con la sua psicologia, con il suo bisogno di libertà e col suo desiderio, almeno temporaneo, di distacco dalla civiltà e dagli affetti che erano diventati per lui fonte di grande disagio interiore. Aveva addirittura abbandonato, oltre ai suoi pochi averi, il suo stesso nome, utilizzando uno pseudonimo, Alexander Supertramp, a cui rinuncerà solo poco prima di morire.

Le ragioni del viaggio

Krakauer sostiene la figura di Chris e le motivazioni che lo avevano portato a intraprendere il suo viaggio, ma riesce a scriverne la storia, la biografia, senza esprimere giudizi personali, pur spiegando la complessità di una persona sicuramente non semplice da comprendere, che ha avuto molti sostenitori ma anche tantissimi detrattori. Gli alaskani, in particolare, sembra che non abbiano perdonato al ragazzo la sua apparente presunzione, come se si fosse arrogato il diritto di andare a sfidare, scioccamente e senza adeguati mezzi e preparazione, un ambiente e una natura con cui loro fanno i conti tutti i giorni con tanta fatica. Uno sgarro che in molti hanno voluto evidenziare.

 

La versione cinematografica di Sean Penn

Sean Penn, attore e regista di fama mondiale, ha impiegato dieci anni prima di poter girare il film. Ha affrontato, in primo luogo, la reticenza della famiglia di Chris a portare sullo schermo la storia. Pensate a quanto possa essere diventato un tarlo per un personaggio del genere, che probabilmente non aveva la necessità di ulteriori guadagni, l’idea di voler raccontare quella vicenda. A detta sua, attirato dal titolo del libro, ha consumato due volte di seguito la biografia in poche ore. E subito ha cominciato a fare breccia nella sua testa la volontà di volerne trarre un film.

La collaborazione con Krakauer

Con l’aiuto e la consulenza dello stesso Krakauer, ha portato in scena l’avventura del ragazzo, ripercorrendo le pagine della sua vita fino all’epilogo. Penn è stato descritto, dagli attori e dai componenti della troupe, davvero maniacale nel voler trattare l’argomento con il massimo rispetto della memoria di Chris e dei sentimenti dei genitori e della sorella del giovane. Fedele in senso assoluto a tutto quello che era stato documentato, in primis da McCandless stesso, e dalle persone che lo avevano incontrato durante quei due anni di viaggio. Fedele anche ai luoghi, che avrebbe potuto ricreare artificialmente grazie ai mezzi del cinema, andando a girare tutte le scene negli stessi precisi posti in cui Alex, lo pseudonimo utilizzato dal ragazzo, era effettivamente stato. E ha convinto un gigante della musica rock planetaria, Eddie Vedder, a scrivere delle canzoni originali proprio per la pellicola. Il risultato, se non l’avete visto ve lo consiglio, è un film che, personalmente, giudico meraviglioso a più livelli. E anche la critica, assegnando premi all’attore protagonista e a Vedder stesso, lo ha subito riconosciuto come un’opera di notevole importanza.

Grande impatto e reazioni contrastanti

Non solo l’episodio in sé, quindi, è uno di quei racconti che ti entrano dentro, ma anche il come è stata rappresentato. So che la vicenda ha appassionato, e ha fatto presa, sull’anima di migliaia di persone. Alpinisti, amanti della natura, “seguaci” della filosofia raccontata e vissuta da Chris/Alex, sono stati davvero molti quelli che hanno voluto addirittura compiere un pellegrinaggio nei luoghi in cui si è consumato l’ultimo periodo di vita di una persona del genere. Alcuni hanno rischiato a loro volta di rimanere bloccati, e di perire, in quelle terre sconfinate e pericolose nel Parco Nazionale di Denali. Tanto che, a giugno del 2020, il Magic Bus, così era stato battezzato l’autobus che faceva da casa ad Alex, è stato rimosso dalle autorità con una spettacolare operazione di recupero e trasporto con un grosso elicottero militare.

 

Le storie vere coinvolgono e ispirano gli altri

Il nostro Paolo Cognetti, premio Strega 2017 con Le otto montagne, è un’altra persona che ha dichiarato di essere stato fortemente influenzato dalla storia di Chris. Addirittura, nel suo caso, l’idea stessa di trascorrere parte della vita in una baita in montagna è dovuta alla lettura del libro di Krakauer. E non ho difficoltà a crederlo. Non solo perché io stesso ho provato tanto trasporto per la storia ma soprattutto perché, quella storia, mi ha aperto le porte di altre storie, di altri libri, di altri autori che non conoscevo.

Chris non è stato il primo che ha tentato un’impresa di questo tipo, ovviamente, ma il suo percorso è costellato di citazioni e riferimenti a quelli che lui considerava maestri di vita, prima che grandi scrittori. Se ho approfondito London, letto Thoreau e Muir (e altri) lo devo a Chris, lo devo ad Alex. E posso solo ringraziarlo per l’impatto che la sua triste odissea ha avuto su di me. Persino il mio romanzo porta con sé qualcosa di suo, ed era inevitabile che la sua influenza, in qualche modo, guidasse alcune delle mie scelte di lettore e di scrittore.

Momenti di riflessione sulla vita

Credo che le storie, soprattutto le storie vere, siano capaci di influenzare le nostre vite e si rivelino preziose. Se anche non cambiano la nostra esistenza in modo evidente, possono fornirci l’opportunità di renderci più ricchi, in termini di esperienza, di emozione, di capacità empatica. Ci appassioniamo alla vita di una persona nel bene e nel male, e nel caso di Chris, lo confesso, ho provato anche un po’ di rabbia, per come ha affrontato alcuni passaggi dei suoi ultimi giorni di vita. Anche quello fa parte dell’esperienza. E anche questo è un insegnamento.

La sua storia mi ha fatto sentire decisamente più ricco insegnandomi, per esempio, che “la felicità è reale solo quando è condivisa”, che non è poco. Io, a distanza di anni, riesco a dedicargli ancora dei piccoli tributi, andando a riguardare il film, a rileggere il libro, ascoltando quelle musiche. Farlo mi rende più felice e voglio condividerlo con te per moltiplicarne l’effetto.

Però, siccome sono molto curioso, mi viene da chiederti:

Quale storia ha cambiato in qualche modo la tua vita?

 

 

 

 

 

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