Una domenica
La forza di una narrazione sta nell’accadimento, ma talvolta si equivoca sul significato da attribuire a questo concetto e si pensa che debba per forza trattarsi di qualcosa di stravolgente ed eccezionale. E invece basta guardare la vita di sempre attraverso il filtro della memoria per scoprire materiale utile a scrivere un romanzo. Il libro che ti presento oggi ha proprio questo sapore. S’intitola Una domenica, è uscito nel 2019 e l’ha scritto Fabio Geda.
L’AUTORE
Fabio Geda è nato a Torino nel 1972, dove tuttora vive e lavora. Dopo una laurea in Scienze della comunicazione ha lavorato per un decennio come educatore dei servizi sociali. Un’esperienza che ha riversato nella propria produzione letteraria.
Si occupa di disagio minorile e animazione culturale. Ha scritto su Linus e su La Stampa circa i temi del crescere e dell’educare. Collabora con la Scuola Holden, il Circolo dei Lettori di Torino e la Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura.
Dopo aver vinto con il suo primo romanzo, Per il resto del viaggio ho sparato agli indiani (2007), il Premio Miglior Esordio Fahrenheit si è aggiudicato nel 2009 il Premio Grinzane con L’esatta sequenza dei gesti. La fama definitiva è arrivata poi con la pubblicazione di Nel mare ci sono i coccodrilli (2010). La sua produzione letteraria spazia da romanzi per ragazzi a quelli per adulti.
LA TRAMA
Un uomo, costruttore di ponti in giro per il mondo, ormai in pensione, una domenica di novembre attende con ansia di trascorrere la giornata in compagnia della figlia, con il marito e le due nipoti. Per l’occasione si cimenta in cucina e prepara il pranzo, affidandosi alle ricette dell’adorata moglie, morta da otto mesi. La caduta della nipote da un albero stravolge i suoi propositi e fa saltare l’appuntamento. Amareggiato e rattristato esce per una passeggiata. Nel suo girovagare incontra in un parco Elena e Gaston, madre e figlio, e si intrattiene con loro. La comune solitudine li unisce e si ritroveranno alla sua tavola a scambiarsi confidenze inaspettate.
DA NOTARE
L’incipit del romanzo introduce il lettore, fin da subito, nel vivo della storia.
Il narratore ci conduce nello scenario domenicale, scandito dai ritmi lenti di un vedovo di 67 anni che svela le proprie emozioni, i sentimenti, nuove consapevolezze, ma la voce narrante non è la sua, bensì quella di sua figlia che ripercorre a posteriori la vicenda basandosi sulle parole che le ha confidato il padre.
È lei che ci restituisce tutti i personaggi con i loro vizi e virtù, compresa se stessa, le passioni e l’ostilità verso il genitore.
Attorno a questa giornata festiva, si snoda la vita di tutta una famiglia.
Tramite una serie di flashback distribuiti con sapienza il lettore è trasportato nei fili del passato, nelle descrizioni dei personaggi, nei paesaggi emotivi che li hanno segnati: amori, passioni, incomprensioni, tradimenti, sofferenze.
I caratteri dei personaggi sono definiti tramite le loro azioni, i loro pensieri e il narratore ci porta a scoprirli nel corso della storia.
Una scrittura lieve, sensibile dipinge gli scenari intimi dei personaggi sullo sfondo di un paesaggio novembrino torinese che è lui stesso protagonista, insieme alle persone, di una storia senza particolari colpi di scena, ma così ben condotta che il lettore se ne lascia coinvolgere con trasporto e piacere.
INCIPIT
All’alba di quella domenica c’era mio padre, affacciato alla finestra della cucina, al terzo piano della casa di Lungo Po Antonelli. Guardava il fiume scorrere. Al di là c’erano le case di Madonna del Pilone e dietro ancora la collina, le foglie gialle e rosse degli aceri in attesa del primo sole. Aveva sessantasette anni ed era vedovo da otto mesi, durante i quali aveva scoperto di aver prestato nel corso della vita più attenzione alle cose urgenti che a quelle importanti; ma a tale proposito, ormai, non c’era molto che potesse fare, se non dimostrare a se stesso e ai figli di saper attraversare il resto del tempo distinguendo con maggiore consapevolezza le une dalle altre.
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